sabato 4 febbraio 2012

Il mistero del numero 100 - Ansia e sorprese a Macerata

Il 26 di dicembre, dopo giorni a pensarci, e ore a combattere coi captcha del sito di RyanAir, prenoto i voli per la mia prima vacanza seria da un anno e mezzo a questa parte. La mattina del 27 mi arriva una email che mi comunica che sono stato ammesso alle audizioni live per il concorso Musicultura, che io ormai avevo dato per perso, e che dette audizioni si svolgeranno il 28 gennaio, mandando così le mie ferie giù per il gabinetto. Oh yeah. Contento son contento, ma la Chiara mi lancia certi sguardi che mi levan la pelle della schiena.


Avanti veloce fino al 27 gennaio sera: mi sto un po' cagando addosso, diciamo parecchio. La Chiara nel frattempo mi ha perdonato e mi sostiene indefessa nelle mie sclerosi; infatti, quando son sotto pressione, tendo a diventar matto, mi invento canzoni in tempo reale, rido da solo, mi iscrivo a corsi di decoupage, cose così.
La notte dormo poco e male. Alle 8 son già in piedi, anche se dovrò partire fra quattro ore e mezza (riuscirò comunque ad accumulare 20 minuti di ritardo: un talento naturale, il mio), e comincio a rimbalzare da una parete all'altra. "Chiara, vanno bene i jeans neri?", "Chiara, va bene se non mi faccio la barba?", "Chiara, farà freddo laggiù?", "Chiara, se smetto lo metti giù il badile?", e così via.
Controllo decine di volte di aver preso su tutto e parto.
Torno subito indietro bestemmiando tra i denti perché mi son dimenticato di stampare il foglio con tutte le indicazioni per raggiungere il teatro a Macerata.

Al bar del metano ci son già Mohuro e Bovi (rispettivamente conosciuti anche come Gazzoni e Marco) che mi aspettano e ridono già (quando loro due ridono già prima di partire c'è da aver paura, potrebbero nascere tormentoni infernali che si tatuano nel cervello e si riesce a toglierli solo chirurgicamente).
Il viaggio procede liscio col bel sole di gennaio e, grazie alla mia ansia, arriviamo che il teatro è ancora chiuso. Mauro che mi fa notare che il teatro della Filarmonica è in un bel palazzo antico che emana un po' la stessa atmosfera del Conservatorio dove ho passato 7 anni: ancora più ansia, grazie Mauro. La giornata è così pianificata: dalle 15.30 alle 18.30 si faranno le prove tecniche audio; 19.30 cena; 20.30 foto e interviste; 21 spettacolo. Mohuro è mancino, quindi la batteria va montata al contrario e, per praticità, noi tre saremo i primi a salire sul palco.

Facciamo un po' di chiacchiere con gli altri musicisti, e mi sembran tutti più tranquilli di me, ma magari anche io sembro tranquillo, da fuori. Ascoltiamo il sound check e Bovi comincia a dire: "Ehi, ma siamo sicuri di quello che stiamo facendo? Gli altri hanno arrangiamenti levigatissimi, sequencer, effetti particolari, strumenti etnici, elettronica, mentre noi siamo in tre, suoniamo ruvidi come la ghiaia e il tuo ukulele è sempre scordato" (quella dell'ukulele non l'ha mica detta, ma so che lo pensa). Vorrei fargli presente che, a poche ore dall'esibizione, il suo pur condivisibile ragionamento non è particolarmente d'aiuto a gestire l'ANSIA.

Nel frattempo ci mostrano il nostro camerino, il numero 3,  scopriamo che il bagno è numerato 100, e Marco si ricorda che sua nonna diceva "vado al numero 100", quando andava in bagno. Ho cercato conferma navigando su internet, ma non ho trovato nulla a proposito (a proposito del numero 100, non della nonna di Bovi). Mistero.

Arriva il nostro turno per fare il soundcheck e tutto fila liscio e svelto, grazie all'efficienza di Giorgio e Mauro, tecnici dal sorriso sempre pronto, nonostante abbiano a che fare da una settimana con almeno 4/5 gruppi di musicisti in paranoia al giorno ("mi metteresti più bouzuki in spia?", "se schiaccio qui cosa succede?", "io avevo chiesto un pianoforte rosa!", e così via).
Siccome siamo arrivati un po' lunghi, foto e interviste sono rimandate e si va a cena tutti insieme, con Bovi che continua a porsi domande sul significato dell'universo e sull'opportunità della nostra presenza a Macerata: "ma siamo proprio sicuri?"

Si vede che le domande fondamentali non tolgono l'appetito, che i miei due soci mangiano a quattro palmenti, mentre io ho un po' di stretta allo stomaco (come altri dei musicisti in gara) e mi affogherei di birrette, ma mi trattengo per dopo.

Eccoci in camerino a cambiarci per la suarè: io sfoggio la mia solita camiciuola verde col collo impossibile, Mohuro la sua cravattina e Marchino una camicia delle sue di colore indefinibile. Ognuno scarica la tensione come può, io continuo ad accordare l'ukulele, Bovi si cambia in corridoio "perché c'è un bel calduccio" mentre Gazzoni in canottiera urla "10 minuti! 10 minuti!!" suscitando panico e sconcerto negli altri artisti.


Il momento di salir sul palco si fa attendere e aspettiamo facendo due chiacchiere con il fonico. Io accordo indefesso e chiedo a Bovi consigli, che le mie orecchie già scarse di loro in questo momento sono inservibili.

Parte la sigla, presentazioni e sento il mio nome, bùm!

"cos'è che non funziona?"
Mauro, il fonico, mi segue sul palco e attacca il cavo dell'ukulele, è la prima volta che mi succede una roba del genere e un po' mi sento rockstar. La sala è strapiena e la giuria è disposta lungo un tavolo e sembra un po' una commissione d'esame, ancora più ansia. Mi presento e comincio a cantare con la voce che trema e le ginocchia peggio. Dopo un po' mi accorgo che il mio ukulele non è che si senta granché: forse è il famigerato effetto di assorbimento acustico del pubblico in sala (ci sarebbe da fare un post solo sulla famosa frase che si dice ai soundcheck: "col pubblico stasera cambierà tutto"), ma mi sembra un po' strano che la voce non risenta dello stesso effetto. Allora, sempre cantando e suonando, sempre più in banana, comincio ad allungare il collo per vedere se i miei pedalini sono accesi, mando dei cancheri a Mauro il fonico che forse non ha collegato tutto per bene. A metà canzone tocco la rotella del volume dell'ukulele che torna a farsi sentire e mi maledico (e mi scuso mentalmente con Mauro che non aveva colpa).
Ok, ho compromesso la mia comparsata a Musicultura, ma ormai siam qua e amen, tiriam giù il teatro, se c'è modo, che ci sono ancora due canzoni da fare. Mi giro per lo sguardo d'intesa coi miei soci, intesa che ci sparerà verso il cielo, e vedo Bovi che mi dice "Peccato per il volume".
Resisto all'impulso di menarlo: suoniamo decisi le nostre canzoni, Mauro pesta duro, Marchino non sbaglia una nota e canta altrettanto bene, ci divertiamo, insomma (anche se su Corso Sozzi mi metto a schiacciar pedalini a vanvera, tanto ormai). Applausi applausi, io resto sul palco per le domande di rito della giuria, ormai son tranquillo e mi piace parlare della mie cose (ma quello mi piace sempre, non conta).

La commissione mi congeda e con Mohuro e Marco andiamo a farci fare le foto, poi per me comincia una lunga serie di interviste di rito e purtroppo mi perdo tutte le altre esibizioni. Fra un'intervista e l'altra mi incrocio con Bovi e Mauro che dicono "abbiamo spaccato, peccato per il primo pezzo!"; ormai l'ansia non ce l'ho più, vorrei menarli, ma non ho tempo e poi han ragione loro. Al cellulare arrivano i messaggini di chi mi guardava da casa ma non riesco a rispondere.
Riesco finalmente ad agguantare una birretta e telefono alla Chiara per chiedere come le è sembrato il tutto, e mi rincuora scoprire che da casa la piva del volume non si è notata troppo. Mentre sono al telefono mi arrivano avvisi di chiamata vari, e vedo Paolo dell'organizzazione che mi dice di andare dietro le quinte, perché ho vinto il premio per la miglior performance. Io? Da bòn? Io?

Farnedi con l'Assessore Irene Manzi.
Son lì dietro le quinte che ciuccio la mia birra con gli occhi sgranati mentre una signora bionda e alta (che si rivelerà l'assessore alla cultura del comune) mi fa i complimenti (io? sul serio?). Mi consegnano il premio (un bel microfono con serigrafia offerto dallo sponsor), foto foto foto, e poi lasciamo il palco e la serata finisce lì, stanchi morti, che non sappiam più dov'è parcheggiata la macchina, ma siam contenti.
Bovi mi dice che probabilmente il nostro suono spartano e ruvido come la ghiaia era proprio la cosa che ci voleva: non lo prendo a scapaccioni solo perché ho appena vinto un bel microfono, e anche per merito suo e di Mohuro.



La foto del numero 100 l'ho fatta io col mio cellulare da due lire, quella in camerino viene dalla macchina di Mohuro, le altre sono di FotoStudioPrint, Macerata.

ps - non mi son spiegato bene, mi sa, Musicultura funziona così: ci si iscrive, se le canzoni piacciono si arriva alle audizioni, chi supera le audizioni entra nella rosa del 16 finalisti e poi, eventualmente, arriva la gloria. Ogni serata delle audizioni la giuria premia la miglior performance con un microfono offerto dallo sponsor, ma questo premio non è collegato a un'eventuale accesso alla finale, per cui ancora i giochi sono aperti. Speriam!

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